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Lo STUDIO LEGALE "AVV. VANIA SCIARRA" si trova in Via Fedele Romani n. 15 (PE) - I recapiti telefonici sono: Tel. Cell. 339.7129029. A ROMA Via Lucantonio Cracas n. 7 e a PIACENZA Viale Malta n. 12. Indirizzo di posta elettronica: avv.vaniasciarra@libero.it
L'Avv. VANIA SCIARRA è avvocato matrimonialista specializzato nel diritto di famiglia, in particolare nella soluzione stragiudiziale e giudiziale delle controversie in ambito matrimoniale, SEPARAZIONI e DIVORZI, e nell'ambito di CONVIVENZA more uxorio.
E' possibile ricevere assistenza legale - oggi grazie anche all'introduzione del PCT (Processo Civile Telematico) - SULL'INTERO TERRITORIO NAZIONALE, ed in tempi brevissimi, grazie agli interventi legislativi di modifica apportati in materia con il D.L. 12 settembre 2014 n. 132 (G.U. n. 212 del 12.09.2014)(Procedura di negoziazione assistita da un avvocato - Divorzio breve).



lunedì 30 ottobre 2017

Padri separati ridotti alla povertà

Padri separati ridotti alla povertà

Secondo i dati cresce il dramma dei padri separati costretti a stati di indigenza e allontanamento dai figli
Quello dei padri separati è un dramma che si consuma silenzioso tra stati di indigenza ed allontanamento dai figli. Migliaia e migliaia di uomini che, a causa della crisi economica, per mantenere l'ex moglie e ai figli, non hanno i soldi per pagare un affitto e così vivono dentro un'automobile o peggio si riducono a stare in mezzo ad una strada. L'ultimo caso a destare clamore mediatico è stato quello di Marco Della Noce, il comico di Zelig finito sul lastrico a causa di un divorzio conflittuale, con impegni economici gravosi che non è riuscito a soddisfare e dai quali sono derivati pignoramenti e sequestri.

Padri sulla soglia della povertà

Secondo i dati raccolti dalla Caritas (aggiornati al 2015) sono 800mila in Italia i padri sulla soglia di povertà, che fanno un pasto adeguato ogni due giorni e arrivano a fine mese con grande difficoltà. L'Ami (Associazione degli avvocati matrimonialisti), spiega che solo 50mila vivono a Milano e 90mila a Roma. Senza l'aiuto delle famiglie d'origine, questi uomini spesso si ritrovano sul lastrico.

Dati Istat: età media di separazione tra i 45 e i 48 anni

È il Sole 24 Ore a riportare i dati su matrimoni e divorzi in aumento. Nel 2015, con l'arrivo del "divorzio breve", l'aumento degli scioglimenti delle unioni è stato del 57% rispetto al 2014. Sono state 82.469 coppie che hanno divorziato, alle quali si aggiungono le ulteriori 91.706 che si sono separate.
Secondo i dati Istat, al momento della separazione i mariti hanno mediamente 48 anni e le mogli 45 anni. Un momento particolare per cui chi subisce il blocco della partita Iva difficilmente riesce a trovare un nuovo lavoro. Proprio nel momento in cui lavorare serve maggiormente per far fronte agli impegni di padri separati che devono lasciare l'abitazione ma continuare a pagarne il mutuo, al quale si aggiunge il fitto del nuovo alloggio con bollette maggiorate perché questo risulta come seconda casa. E poi ancora ci sono l'assegno per i figli e quello per la moglie. Per non parlare dei costi dei legali per affrontare la separazione o il divorzio.
Sempre secondo i dati dell'istituto di statistica, inoltre, la percentuale di separazioni in cui la casa coniugale è stata assegnata alle mogli è aumentata dal 57,4% del 2005 al 60% del 2015 e arriva al 69% per le madri con almeno un figlio minorenne. Inoltre, nel 94% delle separazioni, il tribunale impone al padre un assegno di mantenimento.
Il lato peggiore di tutte queste situazioni è che le difficoltà economiche si ripercuotono nel rapporto coi figli. A volte il locale in affitto per abitare è così piccolo che separati o divorziati non riescono ad avere il permesso di pernottamento per i bambini che passeranno meno tempo col padre.

Tutela per i padri divorziati

Su questa triste tematica qualche regione ha cercato di correre al riparo. Un assegno mensile per i papà divorziati che si trovano in grave difficoltà e una corsia privilegiata nelle graduatorie per gli alloggi erano al centro di proposta di legge del Friuli Venezia Giulia, che costituisce senz'altro un modello replicabile a livello nazionale, dato che la categoria dei padri separati e divorziati rientra ormai, insieme a precari, licenziati e altre situazioni di disagio, nelle "nuove povertà". Ma diverse realtà regionali, tra cui la Lombardia, stanno cercando di porre un freno al problema.

venerdì 27 ottobre 2017

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mercoledì 5 aprile 2017

SEPARAZIONE E DIVORZIO: Genitori che spariscono: addebito nel caso del padre che non dà più notizie di sè

SEPARAZIONE E DIVORZIO: Genitori che spariscono: addebito nel caso del padre che non dà più notizie di sè
Accolta la domanda di una donna: apprende solo da una telefonata del trasferimento dell’ex coniuge, che non vuole fare più rientro dal Pakistan dove ha creato una nuova famiglia.
Scatta l’addebito della separazione a carico del coniuge che senza preavviso si trasferisce all’estero e si rifiuta di tornare. Lo dichiara il tribunale di Trento con la sentenza 1026/16, pubblicata dalla sezione civile.
Il collegio dichiara la separazione di una coppia, addebitandola al marito, responsabile di essersi trasferito, inizialmente all’estero per motivi di lavoro, disinteressandosi di moglie e figlio e poi a titolo definitivo in Pakistan, creandosi una nuova famiglia. A confermare la totale assenza dell’uomo anche alcune importanti testimoni (padre e amica della ricorrente), peraltro abituali frequentatori della casa che confermavano l’allontanamento dell’ex senza da un momento all’altro e senza dare preavviso alla donna. Il giudice trentino decide di accogliere le istanze della ricorrente laddove l’uomo, restando contumace, non ha provato che il suo allontanamento dalla residenza familiare venne deciso di comune accordo con la moglie e che comunque «intervenne allorché la prosecuzione della convivenza era già divenuta intollerabile per il comportamento della ricorrente o per l’emersa incompatibilità della loro rispettiva indole, come pure non ha provato la sussistenza di altre valide ragioni in grado di giustificare la sua condotta contrastante con il dovere di coabitazione». Il che - continua il tribunale - appare sufficiente per accogliere la domanda di addebito, che non trova ulteriore fondamento nel «nuovo rapporto matrimoniale che il convenuto ha instaurato in Pakistan e nella nascita di un’altra figlia che avrebbe avuto dalla sua attuale compagna, non potendosi ritenere che tali circostanze siano adeguatamente provate dall’allegata documentazione relativa a messaggi telefonici, non essendovi alcuna certezza in ordine alla provenienza e, comunque, all’effettiva attendibilità degli stessi». Sulla base di tali elementi, il collegio decide di addebitare la separazione all’uomo.

lunedì 3 aprile 2017

SEPARAZIONE - DIVORZIO - Famiglia: i figli restano ai servizi sociali se la madre continua a ostacolare i rapporti col padre



SEPARAZIONE - DIVORZIO - Famiglia: i figli restano ai servizi sociali se la madre continua a ostacolare i rapporti col padre
La Corte d'appello di Roma ritiene imprescindibile per la revoca del provvedimento disposto in primo grado un mutamento significativo di condotta da parte del genitore alienante
Per tornare a dare fiducia a un genitore e revocare l'affidamento dei suoi figli ai servizi sociali è necessario verificare in concreto un cambiamento significativo della sua condotta, dimostrabile attraverso l'unico risultato della fuoriuscita dei piccoli dalla conflittualità genitoriale.
Con sentenza numero 1927/2017 del 23 marzo (qui sotto allegata), la Corte d'Appello di Roma ha così confermato l'affidamento ai servizi sociali di due bambine, disposto dal Tribunale con collocamento presso la madre e frequentazione del padre con modalità protette sino all'esito del procedimento penale su di lui pendente.
A chiedere in secondo grado la riforma di tale decisione era stata la madre, che, tuttavia, è tornata a casa con un netto diniego da parte del giudice dell'impugnazione. Tale particolare ed eccezionale forma di affidamento, infatti, era stata disposta anche a causa delle gravi responsabilità della donna nella determinazione sia della condizione di disagio personale delle figlie che delle difficoltà relazionali tra queste ultime e la figura paterna (leggi: "Separazione: la madre paga 150 euro per ogni volta che mette i figli contro il padre").
In mancanza di un cambio di rotta significativo da parte della madre, circostanza che non permette di accordarle nuovamente una piena e incondizionata fiducia circa la sua capacità di crescere adeguatamente e per il meglio le bambine in maniera autonoma, restano non solo l'affido delle minori ai servizi sociali e le limitazioni alla responsabilità genitoriale, ma anche le prescrizioni sul percorso psicoterapeutico già intrapreso e le sanzioni di ammonimento e pecuniarie inflitte alla madre per garantire la salvaguardia del benessere psicofisico delle figlie e la conservazione e lo sviluppo della loro relazione con l'altro genitore.


lunedì 27 marzo 2017

SEPARAZIONE: Addio al mantenimento dell'ex moglie



SEPARAZIONE: Addio al mantenimento dell'ex moglie
Come le più recenti pronunce della giurisprudenza hanno ridimensionato, e in certi casi azzerato, l'istituto assistenziale
In sede di separazione, all'obbligo di assistenza morale e materiale imposto reciprocamente ai coniugi durante il matrimonio, si sostituisce il dovere di contribuire economicamente al mantenimento del coniuge privo di adeguati redditi propri.
La somma di denaro, da corrispondersi su specifica domanda del coniuge al quale non sia addebitata la separazione, viene commisurata in considerazione dei mezzi dell'onerato e dei bisogni del richiedente.
L'istituto del mantenimento, pertanto, trova la sua ratio nella tutela del coniuge economicamente più debole, mirando a garantirgli lo stesso tenore di vita goduto in costanza di matrimonio.
Che per molto tempo la giurisprudenza abbia inteso operare un'identificazione pressoché totale tra la nozione di coniuge economicamente debole e quella di moglie emerge sintomaticamente dai numerosi provvedimenti di legittimità e di merito con i quali è stato onerato del mantenimento anche l'ex-marito rimasto senza lavoro (cfr. Cass. civ. 12125/1993) e lo stesso mantenimento è stato disposto in favore della ex-moglie in grado di svolgere attività lavorativa, seppur precaria (cfr. Trib. Padova 21.03.2003).
Del pari, in caso di addebito della separazione al marito, la sola capacità lavorativa della moglie, in assenza di prova di rifiuto di occasioni di reddito da lavoro da parte di quest'ultima, è stata da sola ritenuta elemento non idoneo a negare l'assegno in suo favore (cfr. Cass. civ. 12121/2004) e, se prima della separazione i coniugi avevano concordato che uno di essi non lavorasse, l'efficacia ultrattiva riconosciuta a tale accordo è stata posta alla base del diritto alla moglie di ricevere il mantenimento anche successivamente (cfr. Trib. Novara 07.09.2009).

Tale orientamento, tuttavia, è stato recentemente posto in discussione da alcune decisioni che hanno intaccato il dogma del mantenimento e con esso l'automatica equiparazione tra moglie e soggetto economicamente più bisognoso (leggi in merito: "Niente assegno all'ex moglie se può andare a lavorare"; "Cassazione: se la donna è in grado di lavorare può dire addio al mantenimento" e ancora "Mantenimento: niente assegno all'ex moglie che non lavora per pigrizia")

Il "revirement" della giurisprudenza

La strada imboccata dalla recente giurisprudenza, soprattutto di legittimità, è quella di un maggiore rigore nel riconoscimento del diritto all'assegno di mantenimento.
In particolare, per la recente Cassazione, occorre una valutazione dell'attitudine di ciascun coniuge a procurarsi degli introiti, e il mantenimento in favore della ex-moglie non può essere disposto in assenza di impossibilità oggettiva in capo alla stessa di procurarsi mezzi adeguati per conseguire un tenore di vita analogo a quello goduto durante il matrimonio mentre svolgeva mansioni di casalinga (cfr. Cass. civ. 11870/2015; nello stesso senso Cass. n. 24324/2015).

Se poi, in caso di relazione extraconiugale della moglie benestante, questa non provi la mancanza del nesso eziologico tra l'infedeltà e la sopravvenuta intollerabilità della convivenza, sarà essa stessa a vedersi addebitare la separazione con obbligo dover corrispondere il mantenimento all'ex-marito (cfr. Cass civ. 10823/2016).

Del medesimo avviso anche la giurisprudenza di merito, che ha negato il diritto al mantenimento per la donna il cui ex-marito si trovi a dover pagare le rate del mutuo della casa coniugale assegnatale e a sostenere al contempo le spese di un nuovo alloggio per sé (cfr. Trib. Roma 31.05.2016) e ha escluso, in sede di cessazione degli effetti civili del matrimonio, il diritto all'assegno divorzile per l'ex-moglie lavoratrice, già beneficiaria del mantenimento al tempo della separazione, che nel frattempo abbia intrapreso una convivenza stabile con altra persona, quando l'ex marito sia stato licenziato dal posto di lavoro (cfr. Trib. Napoli 23.03.2016).



venerdì 24 marzo 2017

Il divorzio breve. Guida, fac-simile di ricorso e testo della legge



Il divorzio breve. Guida, fac-simile di ricorso e testo della legge
Bastano 6 o 12 mesi per dirsi addio
Che cosa è il divorzio breve
Il divorzio breve è una nuova modalità prevista dalla legge 55/2015 che riduce a 6 o 12 mesi /a seconda dei casi) il tempo di separazione necessario per poter poi chiedere il divorzio.
La riforma sul "divorzio breve" ha rappresentato una svolta epocale per il Paese e per tutte le coppie che attendevano da tempo questa misura per poter mettere "velocemente" una pietra sopra sul passato e rifarsi una nuova vita.
Diventata "realtà" il 22 aprile 2015, a seguito dell'approvazione in via definitiva della Camera che l'ha consacrata a nuova legge dello Stato (l. n. 55/2015, qui sotto allegata), la riforma è entrata in vigore il 26 maggio scorso e già dopo pochi mesi di distanza c'è stato un vero boom di nuove cause di divorzio (V: Divorzio breve: 50mila cause in più a giugno e luglio. Boom di over 65).
Venendo ai punti salienti della riforma, le nuove disposizioni modificano la legge n. 898/1970, c.d. legge sul divorzio, rimasta immutata per circa 30 anni, riducendo i tempi della separazione, sia giudiziale che consensuale, intervenendo sullo scioglimento della comunione dei beni tra coniugi e dettando una disciplina transitoria:
1 anno per dirsi addio in sede giudiziale
Con la modifica dell'art. 3 della l. n. 898/1970, la riforma riduce notevolmente i tempi della separazione.
In luogo dei tre anni prima previsti, ora infatti, in caso di separazione giudiziale, basta 1 anno per porre fine al matrimonio.
Il termine decorre sempre dalla comparsa dei coniugi innanzi al presidente del tribunale nella procedura di separazione personale.
Rimane fermo, inoltre, il requisito della mancata interruzione: la separazione deve essersi "protratta ininterrottamente" e l'eventuale sospensione deve essere eccepita dalla parte convenuta.
6 mesi per la consensuale
Il termine di un anno si riduce, ulteriormente, a sei mesi, secondo il nuovo testo dell'art. 3 lett. b), n. 2 della l. n. 898/1970, nelle separazioni consensuali.
Ciò avverrà indipendentemente dalla presenza o meno di figli e anche se le separazioni erano nate inizialmente come contenziose.
Anticipato lo scioglimento della comunione tra coniugi
L'art. 2 della l. n. 55/2015 aggiunge un comma all'art. 191 c.c. andando così ad anticipare il momento dello scioglimento della comunione tra i coniugi.
Lo scioglimento della comunione dei beni tra i coniugi, precedentemente previsto con il passaggio in giudicato della sentenza di separazione, è anticipato al momento in cui il presidente del tribunale, all'udienza di comparizione, autorizza la coppia a vivere separata (per le separazioni giudiziali), ovvero alla data di sottoscrizione del verbale di separazione omologato (per le consensuali).
Inoltre l'ordinanza, con la quale i coniugi vengono autorizzati a vivere separati deve essere inviata all'ufficiale dello stato civile ai fini dell'annotazione dello scioglimento della comunione dei beni sull'atto di matrimonio.
I processi in corso
Altro punto cardine della riforma è l'applicazione dei nuovi termini per la domanda di divorzio e lo scioglimento della comunione legale, anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della l. n. 55/2015.
Pertanto, le regole saranno valide anche per le separazioni personali pendenti al 26 maggio.
I documenti da allegare al ricorso
Al ricorso per il divorzio (Ricorso per lo scioglimento del matrimonio o ricorso per la cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario) va allegata la seguente documentazione:
·         estratto per sunto dell'atto di matrimonio;
·         certificato attestante lo stato di famiglia di entrambi i coniugi;
·         certificato di residenza di entrambi i coniugi;
·         copia decreto di omologa o sentenza di separazione del Tribunale;
·         dichiarazioni dei redditi di entrambi i coniugi.
Testo della legge sul divorzio breve
LEGGE 6 maggio 2015, n. 55

Disposizioni in materia di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio nonche' di comunione tra i coniugi.
Art. 1
1. Al secondo capoverso della lettera b), del numero 2), dell'articolo 3 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, e successive modificazioni, le parole: « tre anni a far tempo dalla avvenuta comparizione dei coniugi innanzi al presidente del tribunale nella procedura di separazione personale anche quando il giudizio contenzioso si sia trasformato in consensuale» sono sostituite dalle seguenti: «dodici mesi dall'avvenuta comparizione dei coniugi innanzi al presidente del tribunale nella procedura di separazione personale e da sei mesi nel caso di separazione consensuale, anche quando il giudizio contenzioso si sia trasformato in consensuale».
Art. 2
1. All'articolo 191 del codice civile, dopo il primo comma e' inserito il seguente:
«Nel caso di separazione personale, la comunione tra i coniugi si scioglie nel momento in cui il presidente del tribunale autorizza i coniugi a vivere separati, ovvero alla data di sottoscrizione del processo verbale di separazione consensuale dei coniugi dinanzi al presidente, purche' omologato. L'ordinanza con la quale i coniugi sono autorizzati a vivere separati e' comunicata all'ufficiale dello stato civile ai fini dell'annotazione dello scioglimento della comunione».