Nonni e
diritto di visita sui nipoti: entro che limiti?
Il diritto dei nonni a frequentare i nipoti
non è assoluto e incondizionato: se il minore esprime un disagio la decisione
del giudice deve tenerne conto al fine di garantirgli una crescita equilibrata
e serena.
Ci sono nonni amati dai nipoti come se fossero
dei secondi genitori ed altri che, per le più svariate ragioni, vengono
guardati dai più piccoli come parenti a cui far visita, nel migliore dei casi,
in poche occasioni. Le ragioni possono essere tante: la distanza, il difficile
rapporto tra nonni, generi e nuore (se non, a volte, tra i primi e gli stessi
figli), problemi di salute, la separazione in atto tra i genitori dei bambini.
La legge, però, riconosce a ciascun minore il
diritto a conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i
parenti di ciascun ramo genitoriale [1]. Cosa fare allora quando
tali rapporti vengono in qualche modo ostacolati?
In tal caso, i nonni sono privilegiati rispetto
ad ogni altro familiare (ad esempio gli zii) in quanto hanno la possibilità di
rivolgersi in prima persona al giudice per veder adottare dei provvedimenti
tesi a favorire la frequentazione dei nipoti [2], (ne abbiamo parlato in
questi articoli: Ostacoli alle visite ai
nipoti: ora i nonni possono rivolgersi al Tribunale) e Nonni: quali modalità di
visita dei nipoti e interferenze dei genitori. Ma tale diritto incontra dei limiti. Quali?
Ci aiuta a capirlo una recente pronuncia della Cassazione
[3].
In particolare, la Suprema Corte chiarisce che il
diritto dei più piccoli a mantenere rapporti significativi con gli ascendenti
non deve essere letto come il riconoscimento di un autonomo diritto di
visita da parte dei nonni; esso rappresenta, invece, una condizione che
obbliga il giudice a svolgere una adeguata indagine e valutazione
nel momento in cui debba decidere quali decisioni assumere nel prioritario
interesse del bambino, tenendo in debito conto anche la volontà eventualmente
espressa da quest’ultimo.
La vicenda
Per meglio comprendere la pronuncia della Suprema
corte è bene fare riferimento alla vicenda concreta, riguardante una bimba di 8
anni rimasta orfana della madre. Il padre della bambina ne aveva ostacolato
la frequentazione con la nonna materna e quest’ultima si rivolgeva al tribunale
per veder riconosciuto il suo diritto di visita sulla piccola. La bambina
però esprimeva la inequivoca volontà di non voler intrattenere rapporti
con la nonna in quanto legava la sua figura al doloroso ricordo della
malattia della mamma. I giudici, sulla base di quanto dichiarato dalla minore,
respingevano la domanda della donna. Questa ricorreva quindi in Cassazione,
ritenendo che le dichiarazioni rese dalla nipote fossero inattendibili e che
fosse necessaria una preventiva indagine sulla capacità di
discernimento della bambina (vista la sua età).
La pronuncia in esame fornisce importanti chiarimenti
su due fronti:
– quello relativo alla valutazione circa la capacità
del minore ascoltato dal giudice di comprendere la portata e il
significato di quanto afferma (cosiddetto discernimento)
– e quello del diritto o meno dei nonni a mantenere
rapporti significativi con i nipoti.
A riguardo, la Suprema corte precisa che l’idoneità e
l’attendibilità delle dichiarazioni di un minore non possono essere messe in
discussione sulla base del semplice dato oggettivo dell’età, qualora dal loro
contenuto e dalla relazione dei servizi sociali non emerga che la volontà del
bambino sia stata forzata o suggestionata in alcun modo.
Il giudice, quindi, è libero di valutare la
capacità di discernimento [4] del minore anche se abbia meno di 12 anni, senza
richiedere uno specifico accertamento tecnico a riguardo.
Il dato anagrafico ha semmai rilievo qualora sia
univocamente indicativo in tal senso: ad esempio se si tratti di un minore in
età prescolare. Al contrario, nel caso di bambini che frequentano la scuola,
l’incapacità al discernimento non può essere presunta, poiché essi sono in
grado di comprendere il valore e la portata delle proprie dichiarazioni.
Violazione del diritto di visita
La Corte evidenzia, inoltre, come se da un lato è vero
che i minori hanno diritto di intrattenere rapporti significativi con gli
ascendenti, da tale norma non scaturisce una vera e propria pretesa
azionabile in giudizio da parte dei nonni, ma solo un ulteriore criterio
che il magistrato deve tenere in debita considerazione nel momento in cui è
chiamato ad adottare dei provvedimenti riguardanti la vita del minori.
In altre parole, il giudice non dovrà più tenere conto
nelle sue decisioni del tempo che i minori debbano trascorrere con i soli
genitori, ma anche con gli altri componenti di ciascun ramo genitoriale (in
primis i nonni), sempre che, tuttavia, che ciò non risulti dannoso per il
bambino.
D’altronde ciò emerge dalla stessa lettura della noma [3]
che, nel riconoscere ai nonni (cui sia impedito l’esercizio del diritto di
mantenere con i nipoti rapporti significativi) la possibilità di ricorrere al
Tribunale, prevede anche che la finalità di tale azione consista nell’adottare
i “provvedimenti più idonei nell’esclusivo interesse del minore”.
In buona sostanza, va sempre data priorità al
benessere del bambino e ad una sua crescita serena ed equilibrata. Perciò, nel
caso (come quello in esame) in cui sia lo stesso minore a manifestare con
convincimento (anche in contesti estranei a quello giudiziario) la volontà di
evitare –almeno in quel momento- rapporti con i nonni , il giudice non può che
decidere nel senso di non forzare una frequentazione percepita dal minore come
dolorosa.
A ciò ci sentiamo, tuttavia, di aggiungere quanto mai
opportuno sia che i genitori si impegnino a non strumentalizzare
a proprio vantaggio (perché magari vivono un contrasto con i nonni) circostanze
oggettive, a volte dolorose per i loro figli; certamente il desiderio di un
nonno – così come di ogni figura vicina la bambino – di prendersi cura di un
nipote non può che essere un fattore di arricchimento nella vita di un minore.
Compito del genitore è quello di saper andare al di là dei propri risentimenti
favorendo, nel bene dei più piccoli, il ricongiungimento familiare.
In pratica
Non esiste un diritto assoluto di visita da parte dei
nonni verso i nipoti ma esso è sempre finalizzato a garantire al bambino una
crescita serena ed equilibrata. Pertanto, ove emerga – anche attraverso
l’ascolto del bambino – che le visite tra nonni e nipoti possano turbarne uno
sviluppo sereno ed equilibrato, la domanda dei nonni non potrà essere accolta.
[1] Art. 337 ter, 1° c. cod.civ.
[2] Art. 317 bis cod. civ.
[3] Cass. sent.n. 752/15, del 19.01.15.
[4] Art. 336 bis cod. civ.: “Il minore che abbia compiuto
gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento è
ascoltato dal presidente del tribunale o dal giudice delegato nell’ambito dei
procedimenti nei quali devono essere adottati provvedimenti che lo riguardano.
Se l’ascolto è in contrasto con l’interesse del minore, o manifestamente
superfluo, il giudice non procede all’adempimento dandone atto con
provvedimento motivato”.