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Lo STUDIO LEGALE "AVV. VANIA SCIARRA" si trova in Via Fedele Romani n. 15 (PE) - I recapiti telefonici sono: Tel. Cell. 339.7129029. A ROMA Via Lucantonio Cracas n. 7 e a PIACENZA Viale Malta n. 12. Indirizzo di posta elettronica: avv.vaniasciarra@libero.it
L'Avv. VANIA SCIARRA è avvocato matrimonialista specializzato nel diritto di famiglia, in particolare nella soluzione stragiudiziale e giudiziale delle controversie in ambito matrimoniale, SEPARAZIONI e DIVORZI, e nell'ambito di CONVIVENZA more uxorio.
E' possibile ricevere assistenza legale - oggi grazie anche all'introduzione del PCT (Processo Civile Telematico) - SULL'INTERO TERRITORIO NAZIONALE, ed in tempi brevissimi, grazie agli interventi legislativi di modifica apportati in materia con il D.L. 12 settembre 2014 n. 132 (G.U. n. 212 del 12.09.2014)(Procedura di negoziazione assistita da un avvocato - Divorzio breve).



mercoledì 18 maggio 2016

Scioglimento, annullamento o cessazione degli effetti del matrimonio



Scioglimento, annullamento o cessazione degli effetti del matrimonio
 Non tutto si chiama “divorzio”: ecco che significa quando si parla di separazione, di scioglimento del matrimonio, di annullamento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio.
 Spesso leggi, sentenze e avvocati usano termini diversi da quelli (più generici e impropri) usati comunemente: un esempio è quando si parla di cessazione degli effetti civili del matrimonio che, in gergo comune, viene detta divorzio. Ma, accanto ad essa, esistono anche la separazione, lo scioglimento del matrimonio e, infine, l’annullamento. Cerchiamo quindi di capire il significato di tali termini in modo semplice e concreto.
 Che significa separazione dei coniugi?
Prima di poter divorziare, marito e moglie devono necessariamente separarsi. Il procedimento è, quindi, obbligatorio e non se ne può prescindere. Il divorzio può poi intervenire dopo 6 mesi (nel caso in cui la separazione sia stata consensuale, ossia con l’accordo dei coniugi su tutti gli aspetti del distacco) o dopo 1 anno (nel caso in cui la separazione sia stata giudiziale, ossia con una causa in tribunale).
 Con la separazione, i coniugi in crisi possono interrompere la convivenza e sospendere i doveri coniugali. La sospensione può essere temporanea e cessare (è la cosiddetta riconciliazione coniugale) o anche consolidarsi e sfociare nel divorzio.
 Per maggiori chiarimenti leggi la guida “Separazione e divorzio: come e dopo quanto tempo”.
 Che significa scioglimento del matrimonio?
Si parla di scioglimento del matrimonio quando si verifica:

  • la morte di uno dei coniugi
  • il divorzio nel caso di un matrimonio celebrato con rito civile (ossia davanti al sindaco e non in chiesa, con il rito concordatario).
Nel caso di decesso di uno dei due coniugi, in realtà, il vincolo matrimoniale si scioglie, ma alcuni effetti continuano a permanere. Infatti il coniuge superstite conserva una serie di diritti e obblighi, come il diritto a diventare erede, ad acquisire la pensione di reversibilità, il divieto temporaneo di contrarre nuove nozze, ecc.
 Un’altra ipotesi di scioglimento è nel caso di dichiarazione di morte presunta: è equiparata alla morte, ma se il presunto morto ritorna il matrimonio contratto è nullo.
 Che significa cessazione degli effetti civili del matrimonio?
Con questo termine si intende il divorzio per i casi di matrimonio celebrato in chiesa e poi regolarmente trascritto, secondo il cosiddetto “rito concordatario” (in base al quale, il matrimonio religioso ha effetti automatici anche per lo Stato italiano, con la lettura delle norme del codice civile durante la funzione celebrata dal sacerdote).
 Nonostante la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il vincolo religioso continua ad esistere. Per poter annullare anche quest’ultimo è necessaria una sentenza del tribunale ecclesiastico.
Quindi, sintetizzando:
  • nel caso di divorzio successivo al matrimonio contratto in comune, si parla di scioglimento del matrimonio;
  • nel caso di divorzio successivo al matrimonio contratto in chiesa, si parla di cessazione degli effetti civili del matrimonio.
Si tratta dunque di una differenza puramente terminologica.
 Che significa annullamento del matrimonio?
L’annullamento del matrimonio si verifica invece quando vengono rilevati vizi nell’atto matrimoniale, ossia quando il matrimonio civile è stato celebrato nonostante la mancanza di condizioni, o in presenza di limiti alla sua celebrazione o di altri vizi. In tal caso il matrimonio può essere impugnato mediante una richiesta di annullamento o di nullità, a seconda della gravità del vizio.
 Quando il matrimonio è dichiarato nullo ed entrambi i coniugi erano consapevoli dell’invalidità, il matrimonio vien meno fin dall’inizio, come se non fosse mai stato contratto.
Di conseguenza viene meno il vincolo di affinità, ma se uno dei due ex coniugi si risposa si applica l’impedimento al matrimonio per gli affini in linea retta.
In generale il matrimonio dichiarato nullo ha gli effetti del matrimonio valido rispetto i figli.
Il giudice decide sull’affidamento dei figli minorenni e sul loro mantenimento come se si fosse innanzi a un normale divorzio o separazione.
 Per effetto invece della sentenza di annullamento del matrimonio:
  • si perde la qualità di coniuge; tra i coniugi vengono meno tutti gli obblighi di natura personale e patrimoniale ed essi perdono rispettivi diritti alla successione ereditaria e alla pensione di reversibilità;
  • con riguardo ai rapporti patrimoniali fra i coniugi, cessa la comunione legale fra i coniugi e si scioglie il fondo patrimoniale;
  • in riferimento ai rapporti con i figli (e quindi per l’affidamento dei figli minorenni e il loro mantenimento) vale quanto appena detto per la nullità del matrimonio.
 Ecco alcuni vizi in virtù dei quali si può chiedere l’annullamento o la nullità del matrimonio.
– mancanza della diversità di sesso degli sposi (causa di nullità);
minore età di uno o di entrambi gli sposi, in mancanza di autorizzazione (causa di annullamento);
– interdizione per infermità di mente (causa di annullamento);
– incapacità naturale di uno dei coniugi (causa di annullamento);
– esistenza di vincoli di parentela, affinità o adozione;
– uno dei coniugi è stato condannato con sentenza passata in giudicato per omicidio consumato o tentato del coniuge;
violenza (causa di annullamento);
timore di eccezionale gravità derivato da cause esterne (causa di annullamento);
errore sull’identità dell’altro coniuge o sulle qualità personali dell’altro coniuge (causa di annullamento);
simulazione (causa di annullamento);
– mancanza della manifestazione di consenso degli sposi (inesistenza).

martedì 17 maggio 2016

Unioni civili e di fatto: diritti per conviventi e coppie gay



Unioni civili e di fatto: diritti per conviventi e coppie gay
Il nuovo disegno di legge [1] non riconosce il matrimonio gay, nè consente agli omosessuali l’adozione, tuttavia ufficializza l’unione omossessuale e la equipara, per molti aspetti, al matrimonio.
Quanto invece alle “convivenze di fatto”, tra eterosessuoli o omosessuali, la presentazione in Comune di apposita dichiarazione di comune residenza anagrafica farà acquisire alla coppia diritti ben precisi, fino ad ora negati.
Vediamo nel dettaglio quali sono le novità in materia.
Le unioni civili
La legge riconosce a due persone maggiorenni dello stesso sesso il diritto di costituire una unione civile registrata e riconosciuta a livello giuridico.
Gli interessati dovranno fare un’apposita dichiarazione di fronte all’Ufficiale di Stato Civile ed alla presenza di due testimoni. Tale dichiarazione (detta “atto di unione civile”) verrà quindi registrata nell’archivio dello stato civile, come gli atti di matrimonio.
L’atto attestante la costituzione dell’unione deve contenere i dati anagrafici delle parti, l’indicazione del loro regime patrimoniale e della loro residenza, i dati anagrafici e la residenza dei testimoni.
Dall’unione civile tra persone dello stesso sesso deriva l’obbligo all’assistenza morale e materiale e il diritto alla coabitazione.
Entrambe le parti sono tenute infatti, ciascuna in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale e casalingo, a contribuire ai bisogni comuni, diritti e doveri analoghi a quelli che il Codice civile prevede per i coniugi. Tuttavia – a differenza delle coppie unite in matrimonio – per le coppie omosessuali non è previsto l’obbligo reciproco di fedeltà e di collaborazione nell’interesse della famiglia.
I partner sono inoltre riconosciuti a tutti gli effetti come dei veri e propri coniugi in caso di malattia e ricovero e in caso di morte. In questo caso, il partner superstite avrà diritto alla pensione di reversibilità, al Tfr dell’altro e anche all’eredità nella stessa quota prevista per i coniugi uniti in matrimonio.
Non è possibile costituire un’unione civile:
– se esiste già un vincolo matrimoniale o un’unione civile tra persone dello stesso sesso;
– in casi di interdizione per infermità di mente di uno dei partner;
– se ci sono rapporti di affinità o parentela;
– se c’è una condanna definitiva di un contraente per omicidio consumato o tentato nei confronti di chi sia coniugato o unito civilmente con l’altra parte; in caso di procedimento penale pendente, la procedura per la costituzione dell’unione civile è sospesa finché non viene pronunciata sentenza di proscioglimento.
All’unione civile tra persone dello stesso sesso si applicano gli articoli del codice civile [2] relativi alle cause di nullità del matrimonio: quando il consenso sia dipeso da errore, violenza o timore di eccezionale gravità; quando solo uno dei coniugi versi in tale condizione; quando entrambi i coniugi siano stati in mala fede.
L’unione civile si scioglie quando anche una sola delle parti manifesta la volontà di scioglimento dell’unione registrata dinanzi all’Ufficiale dello Stato Civile.
Dopo tre mesi dalla presentazione della comunicazione si potrà chiedere il divorzio vero e proprio, che potrà essere ottenuto per via giudiziale oppure attraverso la negoziazione assistita, o attraverso un accordo sottoscritto davanti all’Ufficiale di Stato Civile.
Anche la sentenza di rettificazione di attribuzione di sesso determina lo scioglimento dell’unione civile fra persone dello stesso sesso. In caso di rettificazione anagrafica di sesso, se i coniugi hanno manifestato la volontà di non sciogliere il matrimonio o di non cessarne gli effetti civili, dal punto di vista giuridico viene automaticamente instaurata un’unione civile tra persone dello stesso sesso.
In generale la nuova legge prevede che le disposizioni (leggi, atti aventi forza di legge, regolamenti, atti amministrativi e contratti collettivi), che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni che contengono le parole “coniuge”, “coniugi” o termini equivalenti, si applicano anche ad ognuna delle parti dell’unione civile tra persone dello stesso sesso.
Questa previsione non si applica però alle disposizioni riguardanti l’adozione.
 Alle coppie omosessuali non è infatti consentita dal nostro ordinamento la possibilità di adottare.
 Le convivenze di fatto
Si tratta di unioni tra persone dello stesso sesso o di sesso diverso non registrate.
Requisiti per la convivenza sono:
 – la maggiore età dei conviventi;
– l’esistenza di legami affettivi e di reciproca assistenza morale e materiale;
– l’assenza di vincoli di parentela, affinità o adozione, o di legami matrimoniali o derivanti da un’unione civile;
– la coabitazione, che deve risultare dai certificati anagrafici (la coppia deve infatti stabilire la residenza del medesimo luogo).
 La nuova legge riconosce anche ai conviventi di fatto specifici diritti e doveri.
Essi infatti hanno l’obbligo di reciproca assistenza e gli stessi diritti spettanti al coniuge previsti dall’ordinamento penitenziario, o in caso di malattia o di ricovero.
I conviventi, infatti hanno reciproco diritto di visita, di assistenza, di accesso alle informazioni personali, analogamente ai coniugi e familiari.
 Ciascun convivente ha altresì la facoltà, in caso di malattia che comporta incapacità di intendere e di volere, di designare l’altro quale suo rappresentante per le decisioni in materia di salute (comprese le scelte in materia di donazione di organi, modalità di trattamento del corpo e celebrazioni funebri).
 In caso di morte del proprietario della casa di comune residenza, al convivente di fatto superstite è garantito il diritto di abitazione per due anni o per un periodo pari alla durata della convivenza se superiore a due anni, fino ad un massimo di cinque anni.
 Qualora dall’unione siano nati figli e questi siano minori o disabili, il convivente superstite ha diritto di abitazione per un periodo non inferiore a tre anni dalla morte del partner.
 A differenza delle unioni civili non si ha invece diritto né al Tfr, né all’assegno di reversibilità.

In caso di cessazione della convivenza di fatto e qualora il convivente separato non disponga di un proprio adeguato reddito è previsto l’obbligo di mantenimento a carico dell’altro convivente per un periodo determinato in proporzione alla durata della convivenza.
 I conviventi possono anche disciplinare specificamente i loro rapporti patrimoniali stipulando un apposito contratto di convivenza, in forma scritta e dinanzi ad un notaio.
Con questo accordo si potranno ad esempio disciplinare le modalità di contribuzione alle necessità della vita in comune, il regime patrimoniale della comunione dei beni o della separazione dei beni, ecc…
 Il contratto di convivenza si scioglie in caso di:
 – morte di una delle parti;
– matrimonio o successiva unione di una delle parti;
– accordo delle parti;
– recesso unilaterale.
[1] “Legge Cirinnà” approvata dalla Camera l’11 maggio 2016, dopo aver vagliato l’approvazione del Senato.
[2] Artt. 128, 129 e 129 bis cod. civ.

martedì 10 maggio 2016

Controversie genitoriali: inammissibile il ricorso al giudice per questioni di microconflittualità



Controversie genitoriali: inammissibile il ricorso al giudice per questioni di microconflittualità
Tribunale, Milano, sez. IX civ., ordinanza 23/03/2016
Solo le questioni essenziali che riguardano il minore, come l’istruzione, l’educazione, la salute, e la residenza abituale, possono essere devolute al giudice ai sensi dell’art. 709 ter c.c. Per risolvere problemi di “micro-conflittualità” anche l’avvocato dei genitori ha l’onere di scoraggiare, a tutela del primario interesse del minore, litigi strumentali fondati su situazioni prive di rilevanza.
Il Tribunale di Milano, con ordinanza del 23 marzo 2016 emessa ai sensi dell’art. 709 ter c.p.c., ha stabilito due importanti principi.
Il primo è che l’intervento del giudice non può estendersi ad ogni affare riguardante il minore ma deve riguardare solo gli aspetti essenziali della gestione dello stesso.
Il secondo riguarda il ruolo che deve rivestire l’avvocato del padre o della madre nei procedimenti in cui sono coinvolti i minori, assumendo una posizione “comune” a difesa del bambino e non assecondando diverbi fondati su situazioni irrilevanti.
Il caso
La coppia, padre e madre di bambina di quattro anni, nel corso della separazione giudiziale aveva già manifestato una gravissima, patologica e insanabile conflittualità, caratterizzata dal mancato rispetto dei provvedimenti giurisdizionali e dall’inadempimento degli obblighi previsti dalla legge.
Con ordinanza ex art. 708 c.p.c. il Tribunale, infatti, aveva affidato la minore al Comune di residenza ex art. 333 c.c., con collocamento prevalente presso la madre.
Con i provvedimenti provvisori, il giudice aveva regolato anche i tempi di frequentazione tra la figlia e genitori.
Nel corso del giudizio, la madre della minore presentava un’istanza urgente al tribunale affinché il giudice chiarisse e specificasse cosa si intendesse per “festività pasquali”, in particolare se il termine includesse la domenica di Pasqua fino alla sera del lunedì dell’Angelo e a che ora dovesse avvenire il prelievo ed il successivo riaccompagno della bambina, nonché l’esatto luogo di prelievo e di riaccompagno.
Secondo il Tribunale milanese, tale istanza deve qualificarsi, in primis, come rientrante nell’ambito dell’art. 709 ter c.p.c., che disciplina un procedimento volto a risolvere le controversie insorte tra genitori in ordine all’esercizio della responsabilità genitoriale o delle modalità di affidamento.
Il presupposto per l’attivazione dell’intervento del giudice è che il mancato accordo tra i genitori sia insuperabile e che il contrasto costituisca un blocco delle funzioni decisionali inerenti alla vita del soggetto minore determinando un pregiudizio dei suoi interessi (Trib. Milano, sez. IX civ., 5 dicembre 2012).
Quindi, la procedura di cui all’art. 709 ter c.p.c. non è accessibile per dirimere ogni scontro genitoriale ma limitatamente agli “affari essenziali” del minore ossia istruzione, educazione, salute, residenza abituale (Trib. Milano, sez. IX, 7 luglio 2015).
Il Tribunale elenca a titolo di esempio alcuni casi di controversie portate all’attenzione del giudice quali il taglio dei capelli del minore, la possibilità per un genitore di delegare un parente per prelevare il figlio da scuola, l’acquisto di un tipo di vestito piuttosto che un altro o la specificazione di dati di estremo dettaglio riguardo ai tempi di frequentazione.
Così come questi casi, anche la richiesta di precisazione del termine “festività pasquali” e i dettagli relativi agli orari, è inammissibile.
Il provvedimento si sofferma inoltre sul ruolo dell’avvocato nei processi di famiglia.  A fronte di una litigiosità esasperata dei genitori, che si traduce in pretese infondate, gli avvocati del processo hanno non solo il dovere ma l’obbligo di svolgere un ruolo “protettivo” del minore, arginando il conflitto invece che alimentarlo.
Tale doveroso comportamento si desume dalle norme del codice deontologico secondo il quale l’avvocato deve assicurare anche la realizzazione di interessi pubblici primari coinvolti nel processo. In particolare nel procedimento in cui è coinvolto un minore l’avvocato non assiste mai uno dei genitori “contro” il minore, il quale è in posizione “neutrale” . Quando gli avvocati, assumono la difesa dei loro genitori, devono impegnarsi a proteggerli e a operare anche nel loro interesse.
Nel caso di specie l’avvocato della madre, anteponendo l’interesse primario del minore, aveva l’onere di frenare la micro-conflittualità genitoriale e scoraggiare litigi strumentali.
Inoltre, la questione poteva essere proposta all’ente affidatario che avrebbe potuto offrire soluzioni concrete.