Controversie
genitoriali: inammissibile il ricorso al giudice per questioni di
microconflittualità
Tribunale, Milano, sez. IX civ., ordinanza 23/03/2016
Solo le questioni essenziali che riguardano il minore,
come l’istruzione, l’educazione, la salute, e la residenza abituale, possono
essere devolute al giudice ai sensi dell’art. 709 ter c.c. Per risolvere
problemi di “micro-conflittualità” anche l’avvocato dei genitori ha l’onere di
scoraggiare, a tutela del primario interesse del minore, litigi strumentali
fondati su situazioni prive di rilevanza.
Il Tribunale di Milano, con ordinanza del 23 marzo
2016 emessa ai sensi dell’art. 709 ter c.p.c., ha stabilito due
importanti principi.
Il primo è che l’intervento del giudice non può
estendersi ad ogni affare riguardante il minore ma deve riguardare solo gli
aspetti essenziali della gestione dello stesso.
Il secondo riguarda il ruolo che deve rivestire
l’avvocato del padre o della madre nei procedimenti in cui sono coinvolti i
minori, assumendo una posizione “comune” a difesa del bambino e non
assecondando diverbi fondati su situazioni irrilevanti.
Il caso
La coppia, padre e madre di bambina di quattro anni,
nel corso della separazione giudiziale aveva già manifestato una gravissima,
patologica e insanabile conflittualità, caratterizzata dal mancato rispetto dei
provvedimenti giurisdizionali e dall’inadempimento degli obblighi previsti
dalla legge.
Con ordinanza ex art. 708 c.p.c. il Tribunale, infatti,
aveva affidato la minore al Comune di residenza ex art. 333 c.c., con
collocamento prevalente presso la madre.
Con i provvedimenti provvisori, il giudice aveva
regolato anche i tempi di frequentazione tra la figlia e genitori.
Nel corso del giudizio, la madre della minore
presentava un’istanza urgente al tribunale affinché il giudice chiarisse e
specificasse cosa si intendesse per “festività pasquali”, in particolare se il
termine includesse la domenica di Pasqua fino alla sera del lunedì dell’Angelo
e a che ora dovesse avvenire il prelievo ed il successivo riaccompagno della
bambina, nonché l’esatto luogo di prelievo e di riaccompagno.
Secondo il Tribunale milanese, tale istanza deve
qualificarsi, in primis, come rientrante nell’ambito dell’art. 709 ter c.p.c., che disciplina un
procedimento volto a risolvere le controversie insorte tra genitori in ordine
all’esercizio della responsabilità genitoriale o delle modalità di affidamento.
Il presupposto per l’attivazione dell’intervento del
giudice è che il mancato accordo tra i genitori sia insuperabile e che il
contrasto costituisca un blocco delle funzioni decisionali inerenti alla vita
del soggetto minore determinando un pregiudizio dei suoi interessi (Trib.
Milano, sez. IX civ., 5 dicembre 2012).
Quindi, la procedura di cui all’art. 709 ter c.p.c. non è accessibile per
dirimere ogni scontro genitoriale ma limitatamente agli “affari essenziali” del
minore ossia istruzione, educazione, salute, residenza abituale (Trib. Milano,
sez. IX, 7 luglio 2015).
Il Tribunale elenca a titolo di esempio alcuni casi di
controversie portate all’attenzione del giudice quali il taglio dei capelli del
minore, la possibilità per un genitore di delegare un parente per prelevare il
figlio da scuola, l’acquisto di un tipo di vestito piuttosto che un altro o la
specificazione di dati di estremo dettaglio riguardo ai tempi di
frequentazione.
Così come questi casi, anche la richiesta di
precisazione del termine “festività pasquali” e i dettagli relativi agli orari,
è inammissibile.
Il provvedimento si sofferma inoltre sul ruolo
dell’avvocato nei processi di famiglia. A fronte di una litigiosità esasperata
dei genitori, che si traduce in pretese infondate, gli avvocati del processo
hanno non solo il dovere ma l’obbligo di svolgere un ruolo “protettivo” del
minore, arginando il conflitto invece che alimentarlo.
Tale doveroso comportamento si desume dalle norme del
codice deontologico secondo il quale l’avvocato deve assicurare anche la
realizzazione di interessi pubblici primari coinvolti nel processo. In
particolare nel procedimento in cui è coinvolto un minore l’avvocato non
assiste mai uno dei genitori “contro” il minore, il quale è in posizione
“neutrale” . Quando gli avvocati, assumono la difesa dei loro genitori, devono
impegnarsi a proteggerli e a operare anche nel loro interesse.
Nel caso di specie l’avvocato della madre, anteponendo
l’interesse primario del minore, aveva l’onere di frenare la
micro-conflittualità genitoriale e scoraggiare litigi strumentali.
Inoltre, la questione poteva essere proposta all’ente
affidatario che avrebbe potuto offrire soluzioni concrete.
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