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martedì 10 maggio 2016

Controversie genitoriali: inammissibile il ricorso al giudice per questioni di microconflittualità



Controversie genitoriali: inammissibile il ricorso al giudice per questioni di microconflittualità
Tribunale, Milano, sez. IX civ., ordinanza 23/03/2016
Solo le questioni essenziali che riguardano il minore, come l’istruzione, l’educazione, la salute, e la residenza abituale, possono essere devolute al giudice ai sensi dell’art. 709 ter c.c. Per risolvere problemi di “micro-conflittualità” anche l’avvocato dei genitori ha l’onere di scoraggiare, a tutela del primario interesse del minore, litigi strumentali fondati su situazioni prive di rilevanza.
Il Tribunale di Milano, con ordinanza del 23 marzo 2016 emessa ai sensi dell’art. 709 ter c.p.c., ha stabilito due importanti principi.
Il primo è che l’intervento del giudice non può estendersi ad ogni affare riguardante il minore ma deve riguardare solo gli aspetti essenziali della gestione dello stesso.
Il secondo riguarda il ruolo che deve rivestire l’avvocato del padre o della madre nei procedimenti in cui sono coinvolti i minori, assumendo una posizione “comune” a difesa del bambino e non assecondando diverbi fondati su situazioni irrilevanti.
Il caso
La coppia, padre e madre di bambina di quattro anni, nel corso della separazione giudiziale aveva già manifestato una gravissima, patologica e insanabile conflittualità, caratterizzata dal mancato rispetto dei provvedimenti giurisdizionali e dall’inadempimento degli obblighi previsti dalla legge.
Con ordinanza ex art. 708 c.p.c. il Tribunale, infatti, aveva affidato la minore al Comune di residenza ex art. 333 c.c., con collocamento prevalente presso la madre.
Con i provvedimenti provvisori, il giudice aveva regolato anche i tempi di frequentazione tra la figlia e genitori.
Nel corso del giudizio, la madre della minore presentava un’istanza urgente al tribunale affinché il giudice chiarisse e specificasse cosa si intendesse per “festività pasquali”, in particolare se il termine includesse la domenica di Pasqua fino alla sera del lunedì dell’Angelo e a che ora dovesse avvenire il prelievo ed il successivo riaccompagno della bambina, nonché l’esatto luogo di prelievo e di riaccompagno.
Secondo il Tribunale milanese, tale istanza deve qualificarsi, in primis, come rientrante nell’ambito dell’art. 709 ter c.p.c., che disciplina un procedimento volto a risolvere le controversie insorte tra genitori in ordine all’esercizio della responsabilità genitoriale o delle modalità di affidamento.
Il presupposto per l’attivazione dell’intervento del giudice è che il mancato accordo tra i genitori sia insuperabile e che il contrasto costituisca un blocco delle funzioni decisionali inerenti alla vita del soggetto minore determinando un pregiudizio dei suoi interessi (Trib. Milano, sez. IX civ., 5 dicembre 2012).
Quindi, la procedura di cui all’art. 709 ter c.p.c. non è accessibile per dirimere ogni scontro genitoriale ma limitatamente agli “affari essenziali” del minore ossia istruzione, educazione, salute, residenza abituale (Trib. Milano, sez. IX, 7 luglio 2015).
Il Tribunale elenca a titolo di esempio alcuni casi di controversie portate all’attenzione del giudice quali il taglio dei capelli del minore, la possibilità per un genitore di delegare un parente per prelevare il figlio da scuola, l’acquisto di un tipo di vestito piuttosto che un altro o la specificazione di dati di estremo dettaglio riguardo ai tempi di frequentazione.
Così come questi casi, anche la richiesta di precisazione del termine “festività pasquali” e i dettagli relativi agli orari, è inammissibile.
Il provvedimento si sofferma inoltre sul ruolo dell’avvocato nei processi di famiglia.  A fronte di una litigiosità esasperata dei genitori, che si traduce in pretese infondate, gli avvocati del processo hanno non solo il dovere ma l’obbligo di svolgere un ruolo “protettivo” del minore, arginando il conflitto invece che alimentarlo.
Tale doveroso comportamento si desume dalle norme del codice deontologico secondo il quale l’avvocato deve assicurare anche la realizzazione di interessi pubblici primari coinvolti nel processo. In particolare nel procedimento in cui è coinvolto un minore l’avvocato non assiste mai uno dei genitori “contro” il minore, il quale è in posizione “neutrale” . Quando gli avvocati, assumono la difesa dei loro genitori, devono impegnarsi a proteggerli e a operare anche nel loro interesse.
Nel caso di specie l’avvocato della madre, anteponendo l’interesse primario del minore, aveva l’onere di frenare la micro-conflittualità genitoriale e scoraggiare litigi strumentali.
Inoltre, la questione poteva essere proposta all’ente affidatario che avrebbe potuto offrire soluzioni concrete.

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