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Lo STUDIO LEGALE "AVV. VANIA SCIARRA" si trova in Via Fedele Romani n. 15 (PE) - I recapiti telefonici sono: Tel. Cell. 339.7129029. A ROMA Via Lucantonio Cracas n. 7 e a PIACENZA Viale Malta n. 12. Indirizzo di posta elettronica: avv.vaniasciarra@libero.it
L'Avv. VANIA SCIARRA è avvocato matrimonialista specializzato nel diritto di famiglia, in particolare nella soluzione stragiudiziale e giudiziale delle controversie in ambito matrimoniale, SEPARAZIONI e DIVORZI, e nell'ambito di CONVIVENZA more uxorio.
E' possibile ricevere assistenza legale - oggi grazie anche all'introduzione del PCT (Processo Civile Telematico) - SULL'INTERO TERRITORIO NAZIONALE, ed in tempi brevissimi, grazie agli interventi legislativi di modifica apportati in materia con il D.L. 12 settembre 2014 n. 132 (G.U. n. 212 del 12.09.2014)(Procedura di negoziazione assistita da un avvocato - Divorzio breve).



lunedì 26 settembre 2016

La convivenza more uxorio e la giurisprudenza sulla famiglia di fatto



La convivenza more uxorio e la giurisprudenza sulla famiglia di fatto
Le principali problematiche in materia e le soluzioni giurisprudenziali
La convivenza more uxorio è la relazione affettiva e solidaristica che lega due persone in comunione di vita. La situazione di fatto che si crea è simile, per molti aspetti, al matrimonio. La Cassazione n. 6381/1993 dichiara che la convivenza more uxorio è legittima per il nostro ordinamento perché non contrasta con il buon costume, l'ordine pubblico e le norme imperative.
I diritti dei conviventi di fatto
La recente legge Cirinnà n. 76/2016 disciplina la coppia di fatto e prevede il contratto di convivenza. La nuova normativa contempla una serie di diritti a favore dei conviventi che restituisce dignità alle unioni che non contraggono matrimonio. Il partner di un soggetto dichiarato inabile può essere infatti nominato suo amministratore di sostegno, fargli visita nei luoghi di ricovero ed esprimere la sua opinione sul trattamento terapeutico che lo riguarda. Il decesso di uno dei conviventi causata da un illecito altrui commesso sul posto di lavoro, durante la circolazione stradale o in altre circostanze, legittima l'altro convivente a chiedere il risarcimento danni da morte. Il lavoro di uno dei conviventi nell'impresa dell'altro gli attribuisce il diritto di partecipare agli utili.
La casa familiare nelle convivenze more uxorio
Durante la convivenza, se la casa che le parti hanno destinato alla coabitazione è di proprietà esclusiva di uno solo, l'altro non vanta diritti sulla stessa, perché considerato un semplice "ospite"(in senso contrario si è espressa la Cassazione con sentenza n. 17971/2015 aderendo quanto già sancito dalle sentenze n. 7/2014 e n. 7214/2013). In caso di decesso invece il partner superstite subentra nel contratto d'affitto e, se l'immobile era di proprietà del defunto, mantiene il diritto di abitazione per un periodo proporzionale alla durata della convivenza.
Il diritto al mantenimento
La corresponsione dell'assegno di mantenimento non è contemplata nel caso in cui a separarsi è una coppia di fatto. L'unica forma di contributo prevista dalla nuova legge consiste nel diritto agli alimenti, solo se l'ex convivente versa in stato di bisogno. La misura e durata degli alimenti sono tuttavia stabiliti in base al periodo della convivenza.
L'affidamento dei figli se si rompe l'unione more uxorio
I figli naturali nati al di fuori del matrimonio sono parificati in tutto e per tutto ai figli legittimi nati in costanza di matrimonio (Dlgs. n. 154/2013). Pertanto, in una coppia di fatto che si separa, ogni genitore, in assenza di accordo per gestire la relazione con i figli, può rivolgersi al Tribunale dei Minori. Spetterà così all'autorità giudiziaria stabilire la misura dell'assegno di mantenimento, il diritto di visita, l'affidamento e l'assegnazione della casa familiare.
I contratti di convivenza
I contratti di convivenza presuppongono la registrazione anagrafica della coppia di fatto (eterosessuale od omosessuale) presso il Comune di residenza. La sua stipula si rivela particolarmente utile in caso di separazione, poiché le parti possono stabilire a priori le rispettive modalità di contribuzione alle necessità della famiglia di fatto durante la convivenza e quando questa viene meno.
Le obbligazioni naturali che scaturiscono dalla convivenza
Il tema delle obbligazioni naturali all'interno delle coppie di fatto emerge quando la coppia si divide. Tanto per ricordarne brevemente il significato, l'obbligazione naturale consiste nel pagamento spontaneo di una somma di denaro o nell'esecuzione spontanea di una prestazione, per puro ossequio a regole sociali o morali. L'assenza del vincolo giuridico comporta che le obbligazioni naturali siano soggette a quanto stabilito dall'art. 2034 C.C.: 1. "Non è ammessa la ripetizione di quanto è stato spontaneamente prestato in esecuzione di doveri morali o sociali, salvo che la prestazione sia stata eseguita da un incapace. 2. I doveri indicati dal comma precedente e ogni altro per cui la legge non accorda azione ma esclude la ripetizione di ciò che è stato spontaneamente pagato non producono altri effetti". Il convivente che ha elargito somme per il mantenimento della coppia o della famiglia di fatto (in presenza di figli) non può pertanto chiederne la restituzione, se sono stati rispettati i principi di proporzionalità e adeguatezza. Occorre tenere conto altresì dei casi in cui l'esborso risulta ingente e come tale non riconducibile nell'ambito delle obbligazioni naturali (Tribunale di Treviso sentenza n. 258/2015; Cassazione n. 18632/2015; Cassazione n. 1266/2016).
La giurisprudenza sulla famiglia di fatto
Tribunale di Catania sentenza del 20.05.2016: dopo la separazione della coppia convivente more uxorio, è necessario che il figlio minore recuperi e mantenga un significativo rapporto con il padre, disponendo nella fase iniziale una serie d'incontri protetti.
Cassazione penale sentenza n. 8401/2016: riconosce la configurazione del reato di maltrattamenti art. 572 C.P. quando il destinatario della condotta illecita è il convivente more uxorio, anche in caso di frequenti e temporanei allontanamenti dall'abitazione comune da parte dell'imputato.
La risoluzione n. 64/2016 dell'Agenzia delle Entrate prevede a favore del convivente more uxorio la possibilità di detrarre le spese sostenute per interventi eseguiti su un'abitazione diversa da quella principale della coppia.
Ecco, inoltre, alcune massime rilevanti in materia di famiglia di fatto:
"Nell'ambito di un giudizio per il risarcimento del danno da lesione del rapporto parentale, la questione dell'esistenza o dell'assenza di una "vita familiare" ex art. 8 Cedu, in assenza di qualsiasi vincolo di parentela, è anzitutto una questione di fatto e ricomprende anche le unioni omosessuali" (Trib. Reggio Emilia n. 315/2016)
"L'instaurazione da parte del coniuge divorziato di una nuova famiglia, ancorché di fatto, rescindendo ogni connessione con il tenore ed il modello di vita caratterizzanti la pregressa fase di convivenza matrimoniale, fa venire definitivamente meno ogni presupposto per la riconoscibilità dell'assegno divorzile a carico dell'altro coniuge, sicché il relativo diritto non entra in stato di quiescenza, ma resta definitivamente escluso" (Cass. n. 2466/2016)
"Nei procedimenti di modifica delle condizioni di affidamento e mantenimento di prole di genitori non coniugati vige la medesima regola di tutte le statuizioni in tema di affidamento dei minori, applicata nei procedimenti di separazione e divorzio, ovvero la modificabilità e revocabilità, ove ne sorga la necessità, di tutti i provvedimenti emanati" (Trib. Modena n. 412/2016).
"Al termine di un periodo di convivenza more uxorio può essere stabilito un compenso economico a favore di un partner solo se questi ha svolto a favore dell'altro prestazioni che esulano dai normali doveri materiali e morali, quale il lavoro domestico, il cui assolvimento non dà luogo a risarcimento alcuno, costituendo obbligazione naturale ex articolo 2034 del Cc, conformemente al dettato costituzionale di cui all'articolo 2" (Cass. n. 1266/2016).
"L'accordo con il quale due genitori, non legati da vincolo di coniugio, regolamentano le condizioni di affidamento, mantenimento, collocamento ed esercizio del diritto di visita, non può essere stipulato mediante il procedimento di negoziazione assistita. Purtuttavia detto accordo – stipulato ai sensi dell'art. 2 d.l. n. 132/2014 – una volta depositato presso il Tribunale competente, alla luce del diniego del p.m., può essere considerato alla stregua di un ricorso congiunto ex art. 337 bis c.c., con la conseguenza che il Tribunale deve convocare i genitori ai fini della ratifica delle conclusioni da loro condivise" (Trib. Como 13 gennaio 2016).
"Va riconosciuta la configurabilità di un danno a carico della fidanzata non convivente della vittima primaria di un reato, non rilevando la sussistenza in termini di necessarietà di un rapporto di coniugio, quanto piuttosto la ravvisabilità e la prova di uno stabile legame tra due persone, connotato da stabilità e significativa comunanza di vita e di affetti" (Trib. Firenze n. 1011/2015).
"La convivenza "more uxorio", quale formazione sociale che dà vita ad un consorzio familiare, determina, sulla casa di abitazione ove si svolge e si attua il programma di vita in comune, un potere di fatto basato su un interesse proprio del convivente e diverso da quello derivante da ragioni di mera ospitalità. Tale interesse assume i connotati tipici di una detenzione qualificata che ha titolo in un negozio giuridico di tipo familiare. Pertanto l'estromissione violenta o clandestina dall'unità abitativa, compiuta dal convivente proprietario ai danni del convivente non proprietario, legittima quest'ultimo alla tutela possessoria, consentendogli di esperire l'azione di spoglio" (Cass. n. 19423/2014).


mercoledì 21 settembre 2016

Se l’ex coniuge passa a nuova convivenza non sono esclusi gli obblighi inerenti al mantenimento, tranne il caso in cui dia vita ad una famiglia di fatto.

Se l’ex coniuge passa a nuova convivenza non sono esclusi gli obblighi inerenti al mantenimento, tranne il caso in cui dia vita ad una famiglia di fatto.

A stabilirlo è una recente sentenza della Cassazione (n. 3923 del 12 marzo 2012), con cui i giudici di legittimità hanno puntualizzato le condizioni in presenza delle quali cessa l’obbligo di corrispondere l’assegno di mantenimento nei confronti dell’ex coniuge da parte dell’obbligato.
La legge prevede che il coniuge più abbiente debba versare il mantenimento, garantendo lo stesso tenore di vita che c’era in costanza di matrimonio, nei confronti dell’ex marito/moglie, finché il beneficiario non passi a nuove nozze o finché non conviva con altra persona more uxorio.
Nel caso di specie la persona avente diritto al mantenimento, casalinga, era andata a convivere con altra persona, e il giudice di merito aveva ritenuto questo sufficiente a far cessare l’obbligo dell’ex marito nei suoi confronti.
La Cassazione è stata però di diverso avviso: per escludere il trattamento economico è necessario che il nuovo mènage abbia le caratteristiche di un modello di vita caratterizzato dalla continuità e dalla consistenza degli apporti economici da parte del nuovo convivente del richiedente il trattamento economico.
Infatti, osservano gli ermellini, uniformandosi a propri precedenti, «la convivenza del coniuge con altre persone avente carattere occasionale o temporaneo, non incide di per sé direttamente ed in astratto 
sull’assegno di mantenimento (…). La sperequazione dei mezzi del coniuge economicamente più debole a fronte delle disponibilità economiche dell’altro, che avevano caratterizzato il tenore di vita della coppia in costanza di matrimonio non giustifica la corresponsione di un assegno divorzile laddove il primo instauri una convivenza con altra persona che assuma i caratteri di stabilità e continuità, trasformandosi in una vera e propria famiglia di fatto».
La nozione di famiglia di fatto significativa a questo proposito richiede che i conviventi elaborino un progetto e un modello di vita in comune analogo a quello che, di regola, caratterizza la famiglia fondata sul matrimonio, con un arricchimento e un potenziamento reciproco della personalità dei conviventi, la trasmissione di valori educativi ai figli e cose simili.
Nel caso di specie era stata troppo frettolosa la valutazione dei giudici di merito che, nell’escludere l’obbligo del mantenimento, non avevano vagliato la ricorrenza di tutti questi altri presupposti.
Per questo ora la valutazione torna a nuovo giudice, che dovrà applicare i suddetti principi.

martedì 20 settembre 2016

Separazioni e divorzi in Comune: non è più possibile prevedere l’assegno di mantenimento

Separazioni e divorzi in Comune: non è più possibile prevedere l’assegno di mantenimento

TAR, Lazio, sez. I Ter, sentenza 07/07/2016 n° 7813

Il TAR Lazio, con la sentenza 7 luglio 2016 n. 7813, dichiara illegittima e annulla la Circolare n. 6 del 24 aprile 2015 del Ministero dell’Interno, che aveva interpretato l’art. 12 della legge 162/2014 nel senso di consentire accordi di separazione, divorzio, o modifica delle condizioni innanzi all’Ufficiale dello stato civile, che includessero assegni periodici di mantenimento.
A proporre il ricorso, due associazioni: l’AIAF - Associazione Italiana degli Avvocati per la Famiglia e per i Minori e Donna chiama donna - Onlus.
Secondo le associazioni ricorrenti, la preclusione contenuta nella legge ha come scopo proprio quello di tutelare i soggetti coinvolti nell’accordo. Il procedimento è molto semplificato, non c’è alcun controllo nel merito dell’accordo ed è prevista solo come facoltativa la presenza dell’avvocato.
Al fine di evitare accordi potenzialmente lesivi di diritti fondamentali dei coniugi, l’art. 12 della legge 162/2014 aveva escluso qualsiasi patto “di trasferimento patrimoniale”.
A fronte della terminologia usata, che parla di “trasferimento” e non di qualsiasi accordo patrimoniale, era stato sollevato il quesito da parte delle Amministrazioni e il Ministero dell’interno, con la circolare n. 19/2014, aveva specificato che la ratio della previsione di cui all’art. 12 è di escludere qualunque valutazione di natura economica o finanziaria nella redazione dell’atto di competenza dell’Ufficiale giudiziario.
Pertanto, l’accordo contenente clausole con carattere dispositivo sul piano patrimoniale, come ad esempio l’uso della casa coniugale, l’assegno di mantenimento e qualunque altra utilità economica tra i coniugi, non poteva essere accettato dall’Ufficiale dello stato civile.
Tuttavia, in seguito il Ministero aveva emanato un’altra circolare, modificativa dell’interpretazione precedente che è andata a modificare l’orientamento.
La circolare n. 6 del 24 aprile 2015 ha fornito una nuova interpretazione della locuzione “patti di trasferimento patrimoniale”. 
L’atto specifica che l’impegno di corrispondere il mantenimento ha natura di disposizione negoziale che fa sorgere un rapporto di tipo obbligatorio non produttivo di effetti traslativi su un bene determinato.
Per questo motivo, doveva ritenersi esclusa l’accordo di corresponsione dell’assegno periodico in un'unica soluzione c.d. una tantum.
Era invece consentita la previsione di un obbligo di pagamento di una somma di denaro a titolo di assegno periodico, sia nel caso di separazione consensuale per l’assegno di mantenimento, sia nel caso di richiesta congiunta di cessazione degli effetti civili o di scioglimento del matrimonio, per l’assegno divorzile e infine, nell’ambito della modifica delle precedenti condizioni di separazione o di divorzio già stabilite con revoca o revisione quantitativa dell’assegno.

Questo tipo di interpretazione, sarebbe illegittima e avrebbe carattere innovativo rispetto alla norma di legge cui fa riferimento.
Secondo quanto dedotto nel ricorso, l’interpretazione estensiva o manipolativa dell’art. 12 è in contrasto anche con l’art. 24 Cost., per violazione del diritto alla difesa di quei soggetti che, trovandosi in posizione di debolezza o soggezione verso il proprio coniuge o verso l’ambiente sociale in cui vivono, potrebbero essere costretti ad accordi patrimoniali lesivi dei propri interessi, in un ambito procedimento nel quale mancano adeguate garanzie di tutela poichè l’ufficiale di stato civile non può “entrare nel merito della somma consensualmente decisa, né della congruità della stessa”.
Infine, la circolare sarebbe stata emanata in violazione art. 17 della legge n. 400/1988 e sarebbe nulla per carenza assoluta di potere o eccesso di potere per incompetenza.
L’atto idoneo a produrre effetti normativi esterni all’Amministrazione e innovativo dell’ordinamento giuridico è la circolare-regolamento che ha diversi requisiti procedurali, formali e sostanziali.
Il Tribunale ha accolto il ricorso, dichiarando errata la posizione assunta al riguardo dal Ministero dell’Interno circa l’interpretazione della norma in esame, che invece ha portata ampia e omnicomprensiva.
La legge comprende ogni ipotesi di trasferimento patrimoniale, siano beni ben individuati o una somma di denaro, poiché in ogni caso si determina un accrescimento patrimoniale nel soggetto in favore del quale il trasferimento è eseguito.
Esso può avvenire una tantum, in un’unica soluzione, o mensilmente o comunque periodicamente, e tuttavia la modalità stabilita non vale a modificare la natura dell’operazione, che rimane sempre quella di trasferimento patrimoniale.
La sentenza conferma, inoltre che la previsione di cui all’art. 12 è conforme alla ratio che consente il ricorso alla procedura semplificata di separazione o divorzio o di modifica delle condizioni dell’una o dell’altro, che è quella di agevolare l’iter per pervenire a tale risultato, ma solo in presenza di condizioni che non danneggino i soggetti deboli.

lunedì 19 settembre 2016

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Cassazione: i figli restano con la mamma magistrato che sceglie una sede lontana



Cassazione: i figli restano con la mamma magistrato che sceglie una sede lontana
Il trasferimento di residenza è oggetto di una scelta libera e costituzionalmente garantita
In caso di affidamento congiunto, il trasferimento del genitore collocatario in un'altra città, anche lontanissima, non può pregiudicare di per sé la convivenza di questo con i figli.
Tale chiarimento arriva dalla Corte di cassazione che, con la sentenza numero 18087/2016 depositata il 14 settembre e qui sotto allegata, ha precisato che il criterio che privilegia la madre nell'individuazione del genitore con il quale i figli in età scolare o prescolare vivranno in via prevalente in ipotesi di separazione, può essere superato solo se la donna non possiede le necessarie capacità genitoriali ed educative.
Nel caso di specie la madre, divenuta magistrato, era stata assegnata a una sede territorialmente distante dalla città nella quale viveva con i figli.
Per la Corte, però, il coniuge separato che decida di trasferire la sua residenza lontano da quella dell'altro coniuge non perde solo per tale motivo l'idoneità ad essere affidatario o collocatario dei figli: lo stabilimento e il trasferimento di residenza, infatti, rappresentano l'oggetto di una scelta che ogni individuo può effettuare liberamente in quanto espressione di diritti fondamentali costituzionalmente garantiti.
Di conseguenza, nell'individuare presso quale genitore collocare i figli minori, il giudice dovrà valutare solo quale opzione sia più funzionale all'interesse dei minori, senza farsi influenzare dalla circostanza del luogo di residenza in sé e per sé considerato.
All'esito di tale valutazione, e valorizzando il criterio della cd. maternal preference, nel caso di specie i piccoli restano con la madre. Le spese del grado di legittimità, però, stante la natura dei rapporti controversi e la peculiarità della vicenda, sono compensate tra gli ex coniugi.

mercoledì 14 settembre 2016

Separazioni e divorzi in Comune: non è più possibile prevedere l’assegno di mantenimento

Separazioni e divorzi in Comune: non è più possibile prevedere l’assegno di mantenimento

TAR, Lazio, sez. I Ter, sentenza 07/07/2016 n° 7813

Il TAR Lazio, con la sentenza 7 luglio 2016 n. 7813, dichiara illegittima e annulla la Circolare n. 6 del 24 aprile 2015 del Ministero dell’Interno, che aveva interpretato l’art. 12 della legge 162/2014 nel senso di consentire accordi di separazione, divorzio, o modifica delle condizioni innanzi all’Ufficiale dello stato civile, che includessero assegni periodici di mantenimento.
A proporre il ricorso, due associazioni: l’AIAF - Associazione Italiana degli Avvocati per la Famiglia e per i Minori e Donna chiama donna - Onlus.
Secondo le associazioni ricorrenti, la preclusione contenuta nella legge ha come scopo proprio quello di tutelare i soggetti coinvolti nell’accordo. Il procedimento è molto semplificato, non c’è alcun controllo nel merito dell’accordo ed è prevista solo come facoltativa la presenza dell’avvocato.
Al fine di evitare accordi potenzialmente lesivi di diritti fondamentali dei coniugi, l’art. 12 della legge 162/2014 aveva escluso qualsiasi patto “di trasferimento patrimoniale”.
A fronte della terminologia usata, che parla di “trasferimento” e non di qualsiasi accordo patrimoniale, era stato sollevato il quesito da parte delle Amministrazioni e il Ministero dell’interno, con la circolare n. 19/2014, aveva specificato che la ratio della previsione di cui all’art. 12 è di escludere qualunque valutazione di natura economica o finanziaria nella redazione dell’atto di competenza dell’Ufficiale giudiziario.
Pertanto, l’accordo contenente clausole con carattere dispositivo sul piano patrimoniale, come ad esempio l’uso della casa coniugale, l’assegno di mantenimento e qualunque altra utilità economica tra i coniugi, non poteva essere accettato dall’Ufficiale dello stato civile.
Tuttavia, in seguito il Ministero aveva emanato un’altra circolare, modificativa dell’interpretazione precedente che è andata a modificare l’orientamento.
La circolare n. 6 del 24 aprile 2015 ha fornito una nuova interpretazione della locuzione “patti di trasferimento patrimoniale”. 
L’atto specifica che l’impegno di corrispondere il mantenimento ha natura di disposizione negoziale che fa sorgere un rapporto di tipo obbligatorio non produttivo di effetti traslativi su un bene determinato.
Per questo motivo, doveva ritenersi esclusa l’accordo di corresponsione dell’assegno periodico in un'unica soluzione c.d. una tantum.
Era invece consentita la previsione di un obbligo di pagamento di una somma di denaro a titolo di assegno periodico, sia nel caso di separazione consensuale per l’assegno di mantenimento, sia nel caso di richiesta congiunta di cessazione degli effetti civili o di scioglimento del matrimonio, per l’assegno divorzile e infine, nell’ambito della modifica delle precedenti condizioni di separazione o di divorzio già stabilite con revoca o revisione quantitativa dell’assegno.

Questo tipo di interpretazione, sarebbe illegittima e avrebbe carattere innovativo rispetto alla norma di legge cui fa riferimento.
Secondo quanto dedotto nel ricorso, l’interpretazione estensiva o manipolativa dell’art. 12 è in contrasto anche con l’art. 24 Cost., per violazione del diritto alla difesa di quei soggetti che, trovandosi in posizione di debolezza o soggezione verso il proprio coniuge o verso l’ambiente sociale in cui vivono, potrebbero essere costretti ad accordi patrimoniali lesivi dei propri interessi, in un ambito procedimento nel quale mancano adeguate garanzie di tutela poichè l’ufficiale di stato civile non può “entrare nel merito della somma consensualmente decisa, né della congruità della stessa”.
Infine, la circolare sarebbe stata emanata in violazione art. 17 della legge n. 400/1988 e sarebbe nulla per carenza assoluta di potere o eccesso di potere per incompetenza.
L’atto idoneo a produrre effetti normativi esterni all’Amministrazione e innovativo dell’ordinamento giuridico è la circolare-regolamento che ha diversi requisiti procedurali, formali e sostanziali.
Il Tribunale ha accolto il ricorso, dichiarando errata la posizione assunta al riguardo dal Ministero dell’Interno circa l’interpretazione della norma in esame, che invece ha portata ampia e omnicomprensiva.
La legge comprende ogni ipotesi di trasferimento patrimoniale, siano beni ben individuati o una somma di denaro, poiché in ogni caso si determina un accrescimento patrimoniale nel soggetto in favore del quale il trasferimento è eseguito.
Esso può avvenire una tantum, in un’unica soluzione, o mensilmente o comunque periodicamente, e tuttavia la modalità stabilita non vale a modificare la natura dell’operazione, che rimane sempre quella di trasferimento patrimoniale.
La sentenza conferma, inoltre che la previsione di cui all’art. 12 è conforme alla ratio che consente il ricorso alla procedura semplificata di separazione o divorzio o di modifica delle condizioni dell’una o dell’altro, che è quella di agevolare l’iter per pervenire a tale risultato, ma solo in presenza di condizioni che non danneggino i soggetti deboli.