Cassazione: non rientra nella
comunione dei beni la casa costruita sul terreno di proprietà di uno dei
coniugi .
La comunione legale dei
beni è il regime patrimoniale della famiglia
che opera di diritto. I coniugi possono però decidere di adottare il regime
alternativo della separazione dei beni.
Nella comunione legale ricadono una serie di beni indicati nell'articolo
177 del codice civile (1) Mentre restano beni personali quelli indicati nell' articolo 179 (2).
Ma la casistica è sempre più vasta di quanto il legislatore non possa
prevedere.
Cosa accade ad esempio se un immobile viene costruito sul terreno di
proprietà di uno dei coniugi? Il bene rientra nella o no nella
comunione legale?
La risposta ce la da la Corte di Cassazione che, con la sentenza 6020 del
16 marzo 2014, ha respinto il ricorso di una moglie che riteneva di avere
diritti di proprietà su un immobile avendo partecipato alla sua costruzione.
La suprema Corte Non ha fatto altro che richiamare un principio
precedentemente espresso dalle sezioni unite (Sentenza n. 651 del 1996 secondo
cui "La costruzione realizzata durante il matrimonio da entrambi i
coniugi, sul suolo di proprietà personale ed esclusiva di uno di essi,
appartiene esclusivamente a quest'ultimo in virtù delle disposizioni generali
in materia di accessione e, pertanto, non costituisce oggetto della
comunione legale, ai sensi dell'art. 177, I comma, lett. b), codice civile").
Confermandola la decisione della Corte di Appello di Firenze la Cassazione
ha evidenziato che la casa costruita sul suolo di proprietà
di un coniuge non rientra nella comunione legale dei beni anche se l'altro coniuge non proprietario ha partecipato alle spese di
costruzione.
In sostanza la cosiddetta "accessione" prevale sulla comunione, quindi, il coniuge proprietario del suolo
acquista anche la piena proprietà dell'immobile edificata sul medesimo.
Che diritti ha il coniuge che ha partecipato alla costruzione?
Il coniuge che ha partecipato alla costruzione della casa familiare ha solo un diritto di credito relativamente alle somme sborsate (comprensive del
valore della manodopera e dei materiali utilizzati).
La Suprema Corte ha precisato che il credito vantato da un coniuge verso
l'altro e' una questione estranea al giudizio di
separazione; quindi, il coniuge che intende essere risarcito per le somme versate deve
dar vita ad un'altra causa successiva però alla pronuncia di separazione.
La donna, nel caso di specie, aveva chiesto anche che il marito
provvedesse al mantenimento della figlia maggiorenne ma non ancora
autonoma economicamente.
La figlia però aveva ammesso di svolgere lavori saltuari che le avevano
sempre garantito di riuscire a mantenersi. La conseguenza è stata che la donna non ha potuto beneficiare neppure dell'assegnazione della casa coniugale dato che questa va assegnata preferibilmente al genitore che convive
con figli minori oppure con figli maggiorenni, sprovvisti di sufficienti
redditi propri.
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