Addio
mantenimento alla figlia che rinuncia al posto di lavoro "fisso"
Per la
Cassazione, non vi è reviviscenza dell'obbligo una volta che il figlio
maggiorenne ha raggiunto l'indipendenza economica
Può dire addio all'assegno la figlia che rinuncia
al posto fisso, essendo, poi, costretta ad "accontentarsi" di un
contratto a termine. Lo ha stabilito la Cassazione (ordinanza n.
6509/2017 depositata ieri, qui sotto allegata), dando ragione ad un padre che
chiedeva la revoca dell'obbligo del mantenimento mensile nei confronti della
figlia maggiorenne.
Per giudici di merito, la figlia non solo era di
età da escludere di per sé ogni ipotesi di mantenimento, ma risultava,
inoltre, sulla base delle dichiarazioni rese dalla madre, avesse "lasciato
il lavoro, da ritenersi a tempo indeterminato, per lavorare come magazziniera a
tempo determinato".
A nulla valgono le lamentele della ragazza, tra
l'altro, su presunti problemi psichici che, comunque essendo "irrilevanti
ai fini del mantenimento" in ogni caso non erano stati dimostrati.
Per la sesta sezione civile, ha ragione la corte di
merito, che,
"dopo avere considerato l'età in sé della figlia" ha argomentato in
ogni caso rilevando che la stessa aveva "lasciato il precedente lavoro a
tempo indeterminato, per trovare poi un'occupazione a tempo determinato".
Da cui "l'applicazione del principio secondo cui, una volta raggiunta
la capacità lavorativa, e quindi l'indipendenza economica, la successiva
perdita dell'occupazione non comporta la reviviscenza dell'obbligo del
genitore al mantenimento". Il ricorso è respinto.
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