Tradimento e
infedeltà: quando scatta il risarcimento al coniuge
Risarcimento del danno quando la relazione
extraconiugale è portata avanti da anni, ledendo così la dignità del coniuge
tradito: 10.000 euro da pagare in ristoro per la sofferenza procurata.
L’infedeltà nei confronti del proprio
marito o della moglie può portare non solo a una causa di separazione con
addebito, ma anche alla condanna a un risarcimento dei danni cospicuo.
Infatti, secondo i giudici, la violazione dell’obbligo di fedeltà può
costituire, se ricorrono elementi gravi (v. dopo), fonte di danno patrimoniale e
non patrimoniale per l’altro coniuge.
Per stabilire la possibilità di un risarcimento del
danno è necessario valutare la condotta posta in essere dal coniuge
fedifrago: se essa ha determinato una offesa alla dignità e all’onore
dell’altro, allora la condanna è assicurata. Non rileva cioè il fatto della
relazione extraconiugale di per sé considerata; per configurare gli estremi del
danno ingiusto rilevano invece gli aspetti esteriori dell’adulterio, quando
particolarmente offensivi e oltraggiosi, come ad esempio il discredito
determinato dal fatto che tutti gli amici o i colleghi del coniuge erano a
conoscenza del fatto che quest’ultimo fosse oggetto, da più tempo, di
tradimento. La relazione ampiamente resa pubblica e quindi particolarmente
frustrante per la vittima è certamente il caso paradigmatico che dà origine al
risarcimento del danno.
Sulla questione è intervenuta, questa mattina,
la Cassazione [1], che ha condannato a 10mila euro di risarcimento un
uomo che aveva portato avanti negli anni una relazione con un’altra donna
(addirittura spingendosi alla convivenza con questa), provocando nella ex
moglie uno stato di depressione e ledendo la sua dignità.
La Suprema Corte ha bastonato la condotta del coniuge,
colpevole di aver fatto ritenere all’ex, con comportamento equivoco e
mistificatorio, ormai superata la crisi coniugale, mentre invece questi
continuava a tradirla.
Il coniuge tradito, per ottenere il risarcimento,
dovrà dimostrare di aver subìto una depressione e una grave lesione
della dignità.
[1] Cass. ord. n. 19193/15 del
28.09.15.
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